IN UN ALTRO TEMPO IN UN ALTRO SPAZIO

di Domy


Era una di quelle domeniche pomeriggio insolitamente tranquille. I ragazzi erano tutti in casa; solo Jet aveva voglia di uscire ed era in bagno a pettinarsi, mentre gli altri stavano in soggiorno dediti a varie occupazioni. Nessuno pensava neanche lontanamente a spostarsi dalle quattro mura: i periodi di riposo erano decisamente una rarità!
Joe si affacciò sulla porta del bagno con un libro tra le mani.
- Allora te ne vai in città a “folleggiare”?-
- Non penso che “folleggerò”, ma sicuramente non mi annoierò a morte! Perché non esci con me?-
- Guarda, oggi uscirò solo se la casa andrà a fuoco!-
Improvvisamente si udì un rumore stranissimo in soggiorno, come se una scarica elettrica avesse attraversato l’aria, seguita dalla concitazione di quelli che occupavano la stanza e dal rumore di un paio di sedie rotolate sul pavimento.
– Le ultime parole famose!- pensò Joe correndo al piano di sotto insieme al suo amico.
La scena che videro fu la seguente: al centro della stanza si era materializzata all’improvviso, uscendo da un lampo blu, una giovane donna dai lunghi e lisci capelli color castano - rossiccio, vestita con un Jeans e una attillata giacca di pelle nera. Si guardava intorno leggermente stranita, circondata dai membri della squadra 00 che erano scattati sulle difensive.
- Io…voi…-  farfugliò come a cercare un dialogo mentre si guardava intorno. La sua espressione cambiò radicalmente quando i suoi occhi incrociarono quelli del dottor Gilmore: fu attraversata come da un fremito di terrore e impugnò rapidissima una pistola, puntandola contro gli astanti; davanti a questa reazione, Geronimo si parò di fronte al professore e a Françoise mentre Albert, Pumna e Joe puntarono a loro volta le armi contro la sconosciuta. La tensione era fortissima: la visitatrice non aveva scampo e girava su se stessa sperando di salvarsi mettendo sotto tiro ora l’uno ora l’altro; fu Geronimo a sciogliere quella situazione dopo aver fissato lo sguardo in quello della donna.
- Calma. – disse col suo solito tono posato – Non vedete che è solo spaventata? Abbassiamo tutti le armi e non succederà niente. –
Tutti fecero come era stato detto loro, inclusa la donna, che tirò un sospiro di sollievo, o quasi.
- Albert, anche tu! – disse l’indiano ammonendo l’amico che preferiva, comunque, non rischiare.
- Vabbè – esordì Bretagna con un largo sorriso mentre rimetteva a posto la pistola – io metto su qualche tazza di thé! – davanti a quella frase i ragazzi scoppiarono a ridere e la tensione si sciolse definitivamente.
- Io… chiedo scusa per il mio comportamento. Ora so di essere nel posto giusto ma, tanto per essere più tranquilla, vorrei chiedervi una cosa: che tipo di rapporti avete con i “Black Ghost”? –
A quella domanda, le facce dei presenti divennero, se possibile, ancor più stupite: che razza di interrogativo era quello? E, soprattutto, chi era e da dove veniva quella donna? Questa volta fu Jet a rispondere ironico:
- Bè, hai presente i rapporti che ci sono in una coppia subito dopo il divorzio? Qualcosa del genere!-
- Ad ogni modo – esordì Joe – dovremmo essere noi a farti delle domande: chi sei e come conosci i “Black Ghost”? – 
- Mi scuso nuovamente. Il mio nome è Olivia Dunham e lavoro per una divisione speciale dell’FBI; detto questo non dovrebbe più essere per voi un grande mistero del perché conosco i “Black Ghost” ed anche le vostre particolari “abilità”…-
- Invece quest’ultimo particolare non è affatto scontato – disse Albert continuando a guardare in cagnesco la visitatrice – da quando l’FBI sa di noi e ci tiene sotto controllo? Inoltre: da quando l’FBI gestisce capacità come il teletrasporto? Anche noi siamo abbastanza informati su ciò che ci circonda!-
– Non lo metto in dubbio. Vi dirò tutto dal principio, anche se dovrò esimermi dal narrarvi i dettagli perché la situazione è molto grave e bisogna agire con estrema rapidità. Spero che non farete fatica a credere a quanto sto per dirvi: io… non appartengo alla vostra dimensione. Vengo da una dimensione parallela e conosco voi, ma… non esattamente “voi”; voglio dire che conosco i vostri alter-ego “dell’altra parte”. – quella discussione, fatta in un altro contesto e con persone “normali”, sarebbe stata sufficiente per telefonare al più vicino istituto psichiatrico, ma i nostri avevano già avuto esperienze con “incursori” di altre dimensioni (esperienze ogni volta poco piacevoli o foriere di guai) e in più il piccolo Ivan osservava con attenzione e aveva già tranquillizzato i suoi amici informandoli mentalmente che la donna diceva il vero.
-…naturalmente – continuò – ci sono delle differenze tra le due dimensioni e ci sono cose che non posso conoscere, dal momento che sono qui per la prima volta. Ho dovuto affidarmi esclusivamente alla fortuna. Sono qui per chiedere il vostro aiuto: si è verificato un episodio gravissimo che rischia di compromettere l’equilibrio dei nostri due mondi!-
- E ti pareva! Per un attimo speravo che fosse compromesso solo l’equilibrio della domenica pomeriggio! – fece Bretagna poggiando sul tavolino la teiera bollente.
- Sarò più breve possibile: il tempo di una tazza di thé e dovremo entrare in azione; i passaggi multidimensionali non sono semplici da gestire e l’energia a disposizione scade entro 48 ore! –
- E quale sarebbe questo “episodio gravissimo”? – fece Albert tagliando corto.
- Ecco… già da tempo alcuni scienziati “leggermente” fuori dagli schemi studiavano il modo di compiere viaggi extra dimensionali. Da relativamente poco tempo è stata messa a punto una macchina in grado di favorirli, anche se non tutti sono in grado di compiere questi spostamenti. Le intenzioni erano le migliori: acquisendo informazioni sulle altre dimensioni si potevano facilmente pianificare i rischi e i vantaggi di molte scelte economiche e politiche. Logicamente molti aspetti sfuggivano, e la cosa nascondeva anche enormi pericoli, tant’è che alcuni parlavano anche della possibilità di distruggere questa tecnologia. Purtroppo, mentre si discuteva di questa eventualità, abbiamo scoperto che i progetti sono stati rubati e che una fazione dei “Black Ghost” è riuscita a riprodurre la macchina. Avevo già preso contatto con Joe Shimamura per altre questioni riguardanti il mio dipartimento, ma non ho fatto in tempo a rivelargli tutta la faccenda. Uno dei nostri agenti si è trovato nei pressi del varco extra dimensionale e ci ha detto di aver visto passare tre persone. E’ morto provando a seguirle. A quel punto sono entrata immediatamente in azione, ma da sola non posso farcela…-
- Perché non ha chiesto aiuto al suo alter ego, allora? – disse Albert poco amichevolmente.
- Perché, conoscendomi, non avrei dato fiducia al mio alter ego! –
- Non si sarebbe fidata… di se stessa? – fece Joe incredulo.
- E’ difficile da spiegare… i nostri alter ego sono effettivamente noi stessi, ma…non lo sono!-
- Capisco. – disse Pumna – E’ come pensare che ognuno di noi ha mille sfaccettature nel carattere e che ognuna di queste viene potenziata o annullata nelle altre dimensioni; in più bisogna aggiungere le diverse esperienze di vita ed ecco che io divento un’altra persona! –
- Proprio così! –
- Niente di diverso da quello che diceva Pirandello: noi siamo uno, nessuno e centomila! – commentò Bretagna.
- Chi è questo, un personaggio di Shakespeare? – chiese Jet.
- No, uno scrittore italiano, ignorante! – 
- Senti chi parla, quello che non conosce i Guns n’Roses! -
Françoise si era accorta che l’atteggiamento di Olivia non era lo stesso con tutti: anche se la donna sembrava padrona della situazione, era indubbiamente in uno stato emotivo molto fragile che rendeva più che eloquenti le espressioni del suo viso: quando si relazionava con Jet, con Pumna e soprattutto con Joe trasmetteva la sensazione di sentirsi a suo agio, mentre manifestava un palese disagio quando fissava Albert (e questo poteva anche starci, visto che la cosa era reciproca), il professore e – stranamente –  Bretagna.
- Ad ogni modo, fiducia o no, penso che voi siate i soli in grado di fermare gli infiltrati: due di loro sono stati identificati come cyborg che ci hanno creato non pochi problemi…-
- E il terzo? – chiese Joe.
Olivia si fermò brevemente a riflettere, come se avesse timore di parlare.
– Dottor Gimore – disse infine - devo informarla che la terza persona è proprio lei!—
Il professore ebbe un tuffo al cuore e impallidì visibilmente, mentre vecchi fantasmi si riaffacciavano dal suo passato risvegliando i mai sopiti sensi di colpa.
- Ne è…ne è proprio sicura? – balbettò appena.
- Più che sicura. Ho elementi certi per confermarle che, nel mio mondo, lei non ha mai abbandonato l’organizzazione. Per me è stata una vera sorpresa trovarla qui! – 
- Che intenzioni pensa che possano avere? – chiese Chang, seriamente incuriosito.
- Non è difficile: tenteranno un contatto con la loro stessa organizzazione da questa parte. Come potete facilmente immaginare, i vantaggi che ne ricaverebbero sarebbero enormi: scambi di informazioni, di armi, di tecnologie, senza contare che potrebbero sostituirsi a loro alter ego sgraditi: immaginate, ad esempio, cosa accadrebbe se “il nostro” professore prendesse il posto del vostro! – Quelle ipotesi fecero rabbrividire tutti. Bisognava fermare quei tre ad ogni costo, prima che raggiungessero il loro obiettivo.
- Lei ha già un’idea di come intervenire? L’idea dei “Black Ghost al quadrato” è alquanto inquietante! – disse Joe.
- Ci stavo pensando. Dalla mia parte avevamo quasi identificato la base dell’organizzazione. Presumo che, se io sono venuta da voi con la speranza di trovarvi allo stesso posto del mio mondo, anche loro cercheranno di “ritrovarsi” nello stesso posto dove immaginano ci sia la loro base!–
- Allora andiamo subito a cercarli! – incalzò Geronimo.
- C’è un problema: bisogna contemporaneamente recuperare la macchina in loro possesso nel mio mondo. Ho bisogno che almeno un paio di voi vadano là a identificarla mettendo in azione i vostri alter ego…e, se non vi dispiace, vorrei che ci andaste voi. – disse indicando Jet e Bretagna.
- E come mai siamo i prescelti? – chiese Jet con un poco di diffidenza.
- Perché, se avete le abilità dei vostri alter ego, occorre qualcuno che sappia “mimetizzarsi” con il nemico e qualcuno molto veloce. Inoltre, consumerei troppa energia inviando più di due persone e, anche volendo, temo che qui ci sia bisogno di quasi tutta la squadra per fermare quei due cyborg! –
- Esagerazione!- esclamò Chang. Poi rifletté un attimo - Un momento: non saranno per caso anche loro dei nostri alter ego? Perché, se per esempio ci fosse un altro 005, allora siamo anche in pochi per fermarlo!- 
- Bè, ci sono sempre io, per “fermarmi”! – sorrise Geronimo.
- Non preoccupatevi: non sono vostri alter ego e non so neppure se li conoscete. Per quanto riguarda l’orientamento “dall’altra parte”, provvederò a fornirvi le coordinate dell’area dove presumiamo che i “Black Ghost” abbiano la loro base; naturalmente è tutto da verificare. Potrete tornare nel vostro mondo attraverso il varco dimensionale che  si aprirà alle 19 di dopodomani presso l’abitazione dei vostri alter – ego, ma per oltrepassarlo avrete bisogno di queste – Olivia pose nelle mani dei due amici una specie di card magnetica –… è una sorta di “lasciapassare”, una piccola misura di sicurezza per evitare ospiti indesiderati. Diciamo che, senza di queste, morireste prima ancora di aver varcato “la soglia”. Allora, signori, se mi date il vostro assenso, procederei ad aprire il varco. –
Jet e Bretagna si scambiarono uno sguardo, poi  annuirono. La donna armeggiò su una specie di telecomando circolare e al centro della stanza apparve come un’aura luminosa densa di energia.
- Siamo certi che questa cosa non sia troppo pericolosa? – chiese Chang preoccupatissimo.
- Discretamente pericolosa! – sorrise Olivia.
- Non preoccuparti – fece Bretagna all’amico – torneremo per l’ora di cena, ma tu evita di prepararla, mi raccomando!! –
- Grrr! Che vorresti dire, che non ti piace il mio cibo??!! – esclamò il cinese scagliandogli contro una patata, che finì in briciole infrangendosi contro il portale appena chiuso sui suoi amici.

L’arrivo nell’altra dimensione fu accompagnato da quella specie di sorda esplosione che avevano sentito al materializzarsi della donna. Un poco storditi, si guardarono intorno: riconobbero subito il bosco che circondava lo loro base a picco sul mare, ma erano all’inizio della strada che portava sulla collina.
- Meno male che non dovevamo perdere tempo – si lamentò 007 – quella tipa ci appare direttamente in salotto  e noi dobbiamo fare tutta ‘sta strada per arrivare a destinazione! –
- Non dici sempre che vuoi muoverti un po’ di più? Buona camminata! – rise Jet.
- Perché, tu non vieni con me?-
- Naturalmente no: abbiamo pochissimo tempo. Io ti precedo alla base dei “Black Ghost” e comincio a dare un’occhiata mentre tu convinci i nostri colleghi ad aiutarci!-
- Scusa, ma non ha più senso che sia io a dare un’occhiata di nascosto? Tu rischi di farti scoprire!-
- Mi prendi per un dilettante? Primo: so come muovermi senza dare nell’occhio; secondo: sono più veloce di te, quindi arriverei prima e programmerei meglio l’attacco; terzo: se il mio doppio è andato a farsi una passeggiata, sembrerei un perfetto idiota mentre cerco di convincere gli altri che io non sono io ma che vengo da un’altra dimensione! –
- Se è per questo, la stessa cosa vale per me!-
- Si, ma io ho una reputazione da difendere!-
- Va al diavolo, Jet! Magari qua sei obeso e porti i capelli laccati con la scrima al centro!-
- Ne dubito fortemente: se parliamo di “sfaccettature diverse della personalità”, posso garantirti che  nessuna di queste porta la scrima al centro!-
- Uff! Fai come ti pare! Ma sappi che dividerci mi sembra una pessima idea! –
- Non lo sarà se stiamo attenti a quello che facciamo!-
- Va bene. Allora io vado! – disse Bretagna prendendo le sembianze di un corvo.
- Stà attento a non farti vedere così: sai perfettamente che 004 spara a vista a qualunque cosa abbia un’aria sospetta! – i due presero veloci le loro strade.
007 tenne conto del consiglio dell’amico e provvide a recuperare la sua forma a  circa cento metri dall’abitazione, poi si mise sulla strada e giunse a piedi davanti all’ingresso. Quando fu dinanzi alla porta esitò un istante: – Che faccio, busso? – si chiese – Ma sì, la buona educazione innanzi tutto! –
All’inizio non rispose nessuno e la cosa lo insospettì, essendo sicuro di essere osservato.
- Joe, Chang! Ci siete? Pumna? – a quel punto la porta si aprì e dietro apparve il volto sospettoso di Geronimo. Bretagna non vi badò troppo, lo salutò ed entrò. Dentro c’erano Pumna, Geronimo, Francòise e Jet che lo fissavano interdetti. La sensazione fu alquanto straniante: la casa era quasi la stessa, eppure c’erano delle… differenze; differenze non tanto nell’arredamento (in questo caso sarebbero state più palesi e scontate), quanto in qualcosa di indefinibile…era come se mancassero delle “tracce”, piccoli dettagli che suggeriscono la presenza di qualcuno in un luogo, le sue abitudini e i suoi gusti…ma questo non fu subito chiaro.
La domanda di Jet fu diretta e scioccante:
- Chi diavolo sei e come fai a conoscere i nostri nomi? –

Nell’altra dimensione, intanto, il gruppo accompagnato dalla Dunham era giunto alla base dei “Black Ghost”, o meglio a ciò che ne rimaneva: non appena il Dolphin vi fu sopra, tutti si accorsero che quel luogo simile a un’area militare era stato già “visitato” da loro circa un anno prima e distrutto nella stessa occasione. Bisognava solo sperare che fosse quello il medesimo riferimento geografico a disposizione della “versione cattiva” del dottor Gilmore e che non ve ne fossero altri a loro ignoti. Atterrarono poco distanti dal posto e lo raggiunsero a piedi muovendosi con circospezione. Apparentemente il luogo era deserto; un povero falco, sbucato all’improvviso da un’apertura del muro, rischiò per poco di essere incenerito da 004.
Fu Françoise, dopo poco, a dare il segnale che tutti aspettavano:
- Ci siamo: vedo qualcuno al primo piano di quell’edificio là in fondo; potrebbe essere il dottor Gilmore. Sembra solo. –
Anche l’anziano professore aveva voluto a tutti i costi accompagnare i suoi ragazzi in quella missione, nonostante le loro insistenze per farlo restare a bordo del Dolphin; non c’era stato niente da fare: l’uomo voleva incontrare a tutti i costi il suo alter ego, non sapendo neanche il vero perché di questa smania. Forse era pura curiosità scientifica o umana, oppure in cuor suo sperava di portare l’altro se stesso a ragionare come lui e a lasciare l’organizzazione; fatto sta che, alle parole della ragazza, iniziò a dirigersi velocemente nella direzione indicata. Joe lo fermò all’istante.
- Che sta facendo? Non sappiamo dove sono i due cyborg che lo accompagnano:  potrebbero averci visti e questa, magari, è una loro trappola!- l’uomo convenne con lui, vergognandosi di essere stato così insolitamente avventato.
- Lasci andare me avanti – continuò 009 – io raggiungerò con Olivia l’altro professore, mentre lei resterà con il resto del gruppo. Se è tutto a posto ci raggiungerà immediatamente. – in men che non si dica Joe e la ragazza salirono al piano di sopra e, dopo aver attraversato un lungo corridoio fatiscente, giunsero in una grande sala piena di attrezzature carbonizzate. In mezzo a tutto questo, stava l’altro Gilmore. Lampi di odio attraversavano i suoi occhi alla vista di una tale desolazione. Joe fissò incredulo quella persona dall’aspetto così familiare e dallo sguardo così estraneo. Olivia gli puntò contro la pistola. 
- Dottor Gilmore, la dichiaro in arresto per crimini contro l’umanità. Metta le mani sulla nuca e ci segua! -  il professore li seguì all’esterno, al cospetto del suo alter ego. Vedendolo, un ghigno gli si stampò sulle labbra, mentre l’altro se tremava visibilmente.
- Guarda chi si vede! – disse – hanno catturato anche te, oppure…-
- Oppure. – lo interruppe secco l’altro Gilmore.
- Tu pensa. Se non lo vedessi con i miei occhi, farei fatica a crederlo. Cosa potrebbe avermi spinto, in questa dimensione, a schierarmi con delle cavie ribelli? –
- Non ti permetto di parlare di loro in questo modo: per me sono come figli! Tu, piuttosto: come è possibile che in tutti questi anni non ti sia mai reso conto del male che hai fatto? Come hai potuto farti sfruttare in questo modo da un’organizzazione criminale? –
- Quello che tu chiami “male” si chiama progresso scientifico. In nome del progresso qualcuno deve pur sacrificarsi! D’altra parte, i danni sono stati ridotti al minimo: non mi sembra che, dalla nostra parte, i soggetti degli esperimenti siano mai stati cercati da qualcuno, tranne che in rari casi! Non ho niente da rimproverarmi: tutte le cavie degli esperimenti avrebbero comunque fatto una brutta fine, anzi, oserei dire che la mia organizzazione gli ha salvato la vita e donato loro poteri inimmaginabili! –
- Tu…tu parli come un disgustoso nazista! – esclamò Gilmore pieno di indignazione.
Guardava in faccia se stesso e vedeva la stessa espressione che aveva lui quando era giovane. Giovane, ambizioso e…senza alcun senso della morale! Il tempo. Era stato il tempo e la conoscenza con quelle che venivano definite cavie a cambiarlo e a fargli ritrovare l’umanità perduta. Era stato doloroso affrontare il peso dei sensi di colpa, ma ne era valsa la pena. Adesso, nonostante le cicatrici nel suo animo, era un uomo sereno. Un uomo che metteva il suo sapere a disposizione di un ideale giusto. Quell’uomo che aveva davanti era un uomo sereno? Sicuramente no. E la cosa più triste era che neppure se ne rendeva conto!
Francoise si avvicinò al professore, prendendogli la mano. Per un attimo ebbe paura che il suo vecchio cuore non reggesse a un tale stress. Il dottor Gilmore la guardò e gli sembrò di sentire la tensione sciogliersi. Cercò di tornare in sé. Ma non vi fu tempo per un altro scambio di battute: Joe, che in tutto quel tempo era rimasto insieme agli altri sul chi vive, urlò a tutti di buttarsi a terra. Un lampo attraversò l’aria e andò a schiantarsi sulla parete dietro a Francoise.
Con le armi in pugno, il gruppo si guardò attorno, non scorgendo nessuno. L’aria fu attraversata nuovamente da corrente elettrica: questa volta il lampo cercò di colpire la Dunaham, salvata da 009, che la spostò rapidamente dalla parte opposta. Fu in quello spostamento che lui, e solo lui, vide l’artefice dell’aggressione. Era purtroppo un volto…anzi due volti familiari: i due gemelli 0010 stavano spostandosi intorno al gruppo con il loro acceleratore. La sensazione fu la stessa di vedere due fantasmi. Anche gli altri, dopo pochi istanti, compresero con chi avevano a che fare: i ricordi e le modalità di quella che fu una delle prime, vere, battaglie erano bene impressi nelle loro menti, incluso il senso di impotenza collegato al non riuscire ad afferrare il nemico prima di ricevere da lui una potente scarica elettrica. Questa volta, però, il tempo e l’esperienza giocavano a loro favore. Pumna rivolse a Joe uno sguardo preoccupato e Joe espose in due parole ciò che aveva in mente: - Cercherò di fare come “quella volta” – disse sapendo che gli amici avrebbero colto il riferimento – ma è importante che li disorientiamo: tutti in direzioni diverse; 005 con le ragazze, Ivan e i due Gilmore e 004 con me! – scattarono all’unisono prima di essere colpiti. I due gemelli rimasero interdetti un istante, poi si volsero verso Geronimo per recuperare il professore, ma 001 protesse l’amico e il piccolo gruppo creando immediatamente una barriera. Joe attirò la loro attenzione, sollecitando nei nemici l’idea di doversi necessariamente sbarazzare di quella mosca fastidiosa prima di distruggere tutti gli altri. Iniziò la fuga.
Per 009 fu come un lungo dejà – vu. Eppure…c’era qualcosa di “disturbante” in ciò che stava facendo. All’inizio non riusciva a capire cosa fosse, ma, mentre il mondo si spostava al rallentatore intorno a lui, focalizzò la differenza rispetto alla vecchia battaglia contro i due fratelli: quella volta, tanto tempo prima, in lui c’era fondamentalmente la paura di non sopravvivere e la voglia di liberarsi di quei pericolosi avversari; questa volta, invece, aveva in sé la certezza di farcela, ma aveva anche un’immagine ben stampata nella memoria: quella dei due corpi carbonizzati che, finalmente, nel momento della morte, potevano ritrovare un contatto fisico a loro negato in vita. Ebbe come un moto di compassione e sorprese se stesso quando iniziò a rivolgersi ai suoi inseguitori.
– Aspettate! Non fatelo! Io…in questa dimensione…vi ho già uccisi! – per un istante i 0010 si bloccarono interdetti, quasi spaventati, poi, come se fossero stati la stessa immagine riflessa in uno specchio, sorrisero ironicamente e scoppiarono a ridere.
– Ragazzino, speri di farci paura raccontando frottole? –
- Non sono frottole. Io…noi…non vogliamo combattere. Se vi fate aiutare dal nostro dottor Gilmore potreste tornare ad essere come un tempo…non dovreste per forza stare lontani l’uno dall’altro! – Quel discorso parve fare breccia in uno dei due, ma l’altro non volle sentire ragioni – Certo, così potete averci in pugno senza combattere! Non siamo stupidi e…voi non siete nostri amici! – joe fu investito di striscio da una scarica piena di rabbia e rotolò a terra.
– E’ la verità! Possiamo aiutarvi! – urlò respingendo con fatica l’attacco.
- Ti do due notizie: gli amici non esistono e tu sei morto! – questa volta il “polo negativo” trovò il sostegno del fratello, sia pure leggermente riluttante e quasi indeciso sul da farsi; tuttavia era meglio stare con il proprio gemello che dare ascolto a uno sconosciuto.
Albert li raggiunse da lontano e vide 009 in difficoltà.
– Ma che fa quell’idiota, chiacchiera? Ha deciso di farsi ammazzare? –
Compreso che non era possibile dialogare, Joe si vide costretto a rimettersi in azione, sperando che le sue parole avessero aperto una piccola breccia e che i due rinunciassero al combattimento; purtroppo, le sue aspettative non solo erano vane, ma non avrebbero neppure avuto il tempo di realizzarsi: mentre correva, zigzagando tra gli anfratti dell’edificio per impedire ai due di realizzare l’attacco, si portò nella direzione di 004, che non ebbe alcuna esitazione nel colpire con un enorme proiettile  il “polo positivo” invisibile ai suoi occhi: non era la prima volta che Albert individuava l’avversario riconoscendo esclusivamente il rumore dei suoi passi. L’altro fratello fu trapassato l’istante successivo mentre Joe lo spingeva nella direzione opposta.
Stessa conclusione della prima battaglia, ma questa volta i due fratelli non avevano neanche potuto morire stringendosi la mano e questo, nonostante tutto, provocò una fitta al cuore di Joe.
– Lo hanno voluto loro. – disse secco 004, quasi leggendogli nel pensiero.
– Forse è così, ma è ugualmente ingiusto. – concluse Joe avviandosi verso gli amici.
- E’ finita - annunciò Albert all’incredulo dottor Gilmore dell’altra dimensione.
– Bene – sorrise Olivia visibilmente sollevata, mentre Francoise, cogliendo la malinconia negli occhi di Joe, gli fu vicino e gli appoggiò con dolcezza una mano sul braccio. La Dunham non potè fare a meno di farsi sfuggire un commento:
- Dall’”altra parte” penso che tu sia leggermente meno indeciso e indubbiamente più sicuro delle tue azioni! –
- Umpf!- bisbigliò Joe quasi infastidito  - vale a dire “meno umano”? –
- No. Più…”uomo”! – sorrise la ragazza.
– E tu come fai a dirlo? - 
- A dire il vero ho avuto una relazione con te, ma non allarmatevi tutti: dall’altra parte sei “single”! –  Joe arrossì all’istante, e, in quel momento, sia lui che Francoise videro Olivia con occhi “leggermente” diversi!
-  Come ha fatto a capire che…-  disse Joe, passando inconsapevolmente dal “tu” al “lei”.
- Non è difficile: basta vedere come vi guardate! –
- Senza offesa –– continuò Joe dopo un po’ -  lei è anche una bella donna, ma, francamente, non riesco a sentirmi molto attratto! –
- E’ la differenza tra una dimensione e l’altra! Comunque non temete – continuò, rivolta a Francoise – non sono una “rovina – coppie” e neanche una mangiatrice di uomini! Mi Basta il Joe della mia dimensione e, visto che siamo in vena di confidenze, tra di noi c’è stato solo del sano divertimento! – Joe arrossì di nuovo: non amava un modo così esplicito di parlare di quegli argomenti!
– Adesso – tagliò corto Olivia – dovremmo tornare in fretta alla vostra abitazione: il varco spazio temporale si aprirà di nuovo nel vostro giardino tra un po’ di ore: presumo che impiegare il tempo scambiandoci racconti e informazioni faccia del bene a tutti! –

 

Mentre accadeva tutto questo, Bretagna ebbe modo di realizzare che i suoi amici, dall’altra parte, neanche sapevano chi fosse! Ora doveva rapidamente trovare un modo per esporre la situazione rendendosi credibile. Mentalmente lanciò un’invettiva contro Jet: se lo avesse accompagnato o sostituito avrebbe incontrato il suo alter ego e tutto sarebbe stato più semplice!
- Bene! – disse cercando di calmarsi e di concentrarsi sulle parole da usare – vi conosco perché, nella dimensione da cui provengo, faccio parte della vostra squadra! – le facce dei presenti si fecero ancor più sospettose.
- Ok, vi darò una dimostrazione: 009 è appassionato di automobili e il suo modello preferito è…-
- Cominci proprio bene – lo interruppe Pumna – qui non c’è nessun 009!-
- Come sarebbe? Olivia Dhunam ha detto di aver preso dei contatti proprio con Joe! –
- Infatti. Joe c’è, ma è 008. Non esiste alcun 009 nella nostra squadra! – 
- Ma no, Pumna, tu sei 008! – 
- Saprò qual è il numero che mi è stato affibbiato, non ti pare? Io sono 007! –
Nell’agitazione, Bretagna non aveva colto quell’ovvietà. – E’ vero! Se non ci sono io e nessuno ha preso il mio posto allora “scaliamo” di un numero! Ok, ma 006 è Chang, almeno? Vi prego, ditemi che c’è ed è qui in cucina! –
- Sono qui – disse il cinese affacciandosi dalla porta del retro con in bocca la sua immancabile pipa; evidentemente era già lì da un po’, perché aveva assistito alla conversazione – …ma non capisco per quale ragione dovrei stare in cucina! - 
- Come sarebbe? Praticamente è il tuo regno! Se non sei al ristorante sei in cucina o a pescare! - 
- Riconosco di esserci portato, ma non ho mai fatto il cuoco in vita mia! –
A quel punto, le differenze tra una dimensione e l’altra parvero incolmabili al povero Bretagna: trovava più concepibile che il dottor Gilmore fosse rimasto con “i cattivi” piuttosto che Chang non cucinasse!
- Quindi questo significa che in questo universo io non avrei fatto lo sguattero?! –
- Che cosa? – chiese Chang non riuscendo a comprendere.
- Ehem, volevo dire che nell’altra dimensione tu mi veneri!-
- Si? A guardarti non l’avrei mai detto! –
“Fortunatamente, cucina a parte, Chang sembra proprio se stesso!” si disse 007.
- Quindi niente cucina cinese ogni giorno – continuò Bretagna – adesso capisco perché mi sembravate tutti un po’ più magrini! Ma…non vedo né Joe né Albert. Dove sono? –
- Che cosa hai detto? Ripeti l’ultimo nome! – una voce femminile dal tono minaccioso e agitato al tempo stesso risuonò alle sue spalle. 007 si voltò e vide una bella ragazza dai corti e lisci capelli castano chiaro scendere rapida le scale; indossava anche lei la loro uniforme e questo gli fece uno strano effetto.
- 004, calmati! Non darai peso alle parole di questo tipo? – disse Jet andandole incontro.
- C…come sarebbe “004”?! – a questo punto lo smarrimento si trasformò quasi in un attacco di panico. La ragazza aveva lo sguardo pieno di rabbia; in un attimo lo afferrò con violenza per la maglia e puntò gli occhi nei suoi; Bretagna vide che erano lucidi, come se tutta quella rabbia volesse trattenere e nascondere una crisi di pianto.
- Cosa ne sai tu di Albert? Come ti permetti di usare il suo nome per rendere credibili le tue frottole?! –
- Lui…lui è un mio amico…ed è 004. Dov’è Albert? –
- Sai benissimo dov’è! – disse la ragazza mollandolo di scatto, facendogli quasi perdere l’equilibrio. Detto questo non riuscì più a trattenersi e scoppiò in lacrime; corse su per le scale, come se non volesse mostrarsi agli altri in quello stato emotivo.
– Hilda! Aspetta!- gridò Jet correndole dietro. A questo punto le cose erano più che palesi.
- Se lei è Hilda ed è anche 004, questo significa…- Bretagna parlava praticamente con se stesso. Fissava un punto indefinito del pavimento e cercava di cacciare via il dolore che gli procurava l’idea che in quella dimensione era il suo amico ad essere rimasto ucciso sotto la porta di Brandeburgo. Era così: là Albert era morto e Hilda era sopravvissuta ed era stata trasformata in cyborg. Bretagna cercava di ripetere a se stesso che quello non era il suo mondo e che, nella sua realtà, Albert stava bene, e a breve lo avrebbe rivisto e le cose avrebbero ripreso il loro corso normale.
Fu la voce di Francoise a dargli la forza di concentrarsi nuovamente sulla missione; la ragazza era, come sempre, gentile anche con quelli che gli altri consideravano nemici e, in questo caso, il potenziale nemico era lui! Bastarono le semplici parole “va tutto bene?” per riscuoterlo da quei pensieri e fargli capire che l’unica speranza per ottenere aiuto in quella missione era parlare con Joe. – Grazie, si, va tutto bene. – rispose all’amica – Vi prego, ditemi almeno che Joe è in casa! –
- A dire il vero – rispose Pumna con un tono più gentile, un poco turbato da quello che era accaduto con Hilda – non è ancora rientrato. – Bretagna si portò una mano alla fronte, assalito definitivamente dall’angoscia che quella situazione gli procurava. 
- Scusate se mi allontano un minuto – disse infine, dopo una lunga pausa -  ma sento un bisogno impellente di parlare con un amico! – detto questo uscì in giardino e pose mano alla trasmittente per contattare Jet.
- Jeet!! –
- Che cavolo vuoi? Sono appena arrivato sul posto, non posso mica farmi una chiacchierata! E’ successo qualcosa? Quando arrivi con gli altri? –
- E’ proprio di questo che volevo parlarti! Qui è peggio di quel che immaginassi! –
- Vuoi dire che anche noi siamo con i “Black Ghost” come il loro Gilmore? –
- No, meno peggio! Intanto siamo tutti molto più sospettosi…-
- Questo mi sembra un dato positivo: dovremmo esserlo anche dalla nostra parte! –
- Sarà positivo, ma non ora: non mi credono! –
- Si vede che anche qui subiscono i tuoi assurdi scherzi! –
- Vuoi lasciarmi parlare?!? Tra un po’ mi viene un attacco isterico da zitella acida!! –
- Ok, che problema hai? –
- Intanto 009 è 008 e 008 è 007, mentre 004 non c’è, o meglio c’è ma non è lui! E, ciliegina sulla torta, Chang non cucina, ma questo è il male minore!-
- Smettila di dare i numeri in tutti i sensi e spiegati meglio! Vuoi dire che Joe è di colore o che ci siamo invertiti i poteri? –
- No, voglio dirti che non mi credono perché io non sono nella squadra e non so che fine ho fatto!-
- Ho capito…non ci sei e hai lasciato un “buco numerico”. Non mi sembra così grave!-
- Ma allora sei sordo??? Non è l’inversione dei prefissi che mi preoccupa!! Loro non mi conoscono e non si fidano! Inoltre vorrei capire che cosa mi è successo da questa parte! –
- Fossi in te non mi agiterei troppo: può esserti successa qualunque cosa, dall’ annegamento nel Tamigi alla morte per cirrosi epatica…-
- Grazie, tu sì che sai come confortarmi! –
- …oppure potresti startene tranquillo su un palco a recitare. Ad ogni modo questo “tu” non sei…”tu”! Qualunque cosa sia accaduta non ti riguarda. Magari hanno preferito l’ubriaco del pub accanto e tu stai ancora seduto al tuo posto a bere! –
- Va bene, ho capito: qualunque sia il motivo, qui non sono un cyborg, ma come faccio a farmi aiutare se non si fidano!-
- Parla con Joe, che sa della faccenda della Dunham, oppure fatti leggere nel pensiero da 001! –
- Bravo: il primo non c’è e il secondo dorme! –
- Allora fatti benedire da un esorcista: la tua carica di sfortuna oggi tocca livelli un po’ troppo alti! Dimenticavo: cosa dicevi di 004? –
- Lascia perdere, è troppo lungo. Troverò un sistema. Joe potrebbe essere contattato telefonicamente e, se non risponde, sveglio Ivan con un petardo nella culla! –
- Bene, lo vedi che sei pieno di risorse! Muoviti, che il tempo stringe! – detto questo, Jet riattaccò.
- Uff, e io che cerco di farmi consolare da 002!-
Grazie al cielo, la fortuna non aveva del tutto abbandonato Bretagna: quando rientrò in casa, ebbe una bella sorpresa: Joe era tornato proprio mentre lui comunicava con Jet e stava seduto sul divano con accanto una valigia. 007 quasi non credeva ai suoi occhi per la felicità.
– Joe! Che fine avevi fatto?! –
- Scusa se non prevedevo visite extradimensionali, nell’immediato:  a saperlo prendevo il teletrasporto al posto dell’aereo! – rispose ironico l’alter ego di 009.
- Tu guarda, qui fa perfino lo spiritoso! – si disse Bretagna non riconoscendo in quel viso il consueto sguardo dell’ amico.
- So tutto – continuò Joe - mi hanno raccontato e ti crediamo. Sto tornando proprio ora dagli Stati Uniti dove ho incontrato Olivia Dunham; la sua divisione ha scoperto la nostra esistenza ed ha chiesto il nostro aiuto contro i Black Ghost in cambio delle competenze di un loro professore; mi ha parlato della possibilità che i nostri nemici aprissero un varco tra le varie dimensioni, ma non credevo che tutto questo accadesse così in fretta. –
- A proposito – chiese Geronimo – com’è andata con Bishop? –
- Chi è questo tipo? – domandò Bretagna incuriosito.
- Walter Bishop è il professore di cui parlavo prima; anni fa lavorava con i Black Ghost, poi si è pentito; anche se si occupava principalmente di mutazioni genetiche, fenomeni paranormali e passaggi extradimensionali, ha una buona competenza nel campo della cibernetica. –
- Allora qualcuno da questa parte si è pentito, anche se non è Gilmore! – commentò 007.
- Certo che Gilmore ci avrebbe fatto comodo – osservò Pumna con un sorriso amaro – è praticamente uno dei nostri “progettisti”! –
- Siamo sicuri di questo Bishop? – chiese Chang – Il fatto che sia stato un periodo in manicomio non depone molto a suo favore! - 
- Bè, penso che anch’io sarei finito in manicomio se avessi lavorato per i Black Ghost! – rispose Joe – Comunque l’importante è che possa aiutarci come ha promesso, soprattutto per Pumna: non può restare ancora a lungo in queste condizioni! –
Solo allora Bretagna notò che Pumna muoveva a stento il braccio sinistro.
- Che hai? –
- L’ultima battaglia. – rispose l’amico scoprendo il braccio e rivelando, sotto una medicazione sommaria, una profonda lacerazione attraverso la quale si intuivano pezzi di filo elettrico spezzati e parti di muscolo umano – questo non si rimette certo a posto col nastro adesivo! –
- Non avendo qualcuno che possa ripararci – continuò Joe – dobbiamo stare sulle difensive. Ma, se risolviamo questo problema, le cose cambieranno.-
- Capisco. – disse 007 – Ho sempre pensato che senza le riparazioni del dottor Gilmore adesso saremmo come Melanie Griffith e Goldie Hawn nella scena finale de “la morte ti fa bella”! – tutti lo fissarono con aria interrogativa – Ok, qui ci sono film diversi…o attori diversi. O magari il film c’è ma è diverso il finale! Va bene, se ancora non l’avete visto, scusate lo spoiler! –
Intanto Hilda era scesa di nuovo in soggiorno con Jet; Francoise era andata di sopra a chiarirle le cose quando era tornato Joe: adesso che si era calmata sembrava molto più graziosa di qualche attimo prima. Bretagna ricordò di averla vista solo in una vecchia foto scolorita tra le mani di Albert. La ragazza che aveva davanti sembrava decisamente un’altra persona: il suo viso non conservava neanche l’ombra del sorriso sereno di quella fotografia, anche se, ripensandoci, la stessa cosa poteva dirsi di Albert.
– Mi scuso per prima. – disse usando un tono freddo, che tuttavia tradiva un grande imbarazzo e una persistente diffidenza – 008 – continuò, rivolgendosi a Joe – se dobbiamo intervenire per individuare quella macchina come dai patti con la Dhunam, vado a preparare il Dolphin.-
Quando si fu allontanata, Jet si fece sfuggire un commento con Bretagna: - Non immaginavo che avrebbe reagito così quando hai nominato il fidanzato morto; in genere finge sempre di essere distaccata! – Jet dimostrava di conoscerla molto bene; dava l’idea di avere con lei un “legame speciale”, ma molto diverso da quello dell’altra dimensione con 004/Albert! Dal canto suo, Hilda sembrava quasi disinteressata a lui; non doveva essere facile conquistarla!
– La capisco – rispose 007 – io stesso stavo per mettermi a piangere quando ho capito come stavano le cose!-
- Come le femminucce! – commentò Jet ridacchiando.
– Vorrei vedere te se ti dicessero all’improvviso che un tuo amico è morto! –
- Non piangerei certamente in pubblico! –
- Perché 002 deve essere così sbruffone anche qui?- si disse 007 volgendo gli occhi al cielo.

Intanto Jet sorvolava da molto lontano la base dei Blak Ghost indicata da Olivia: riconobbe subito il posto da loro distrutto molti anni prima. Il pensiero di conoscerlo già lo tranquillizzava. Avrebbe voluto presagire quella missione come una passeggiata, ma l’aspetto perfettamente operativo del luogo e alcuni dettagli che ne suggerivano la maggiore efficienza rispetto a quello da lui conosciuto lo invitavano alla prudenza. Scese a terra e cercò di osservare le cose più da vicino. Visto come stavano i fatti, 007 ci avrebbe messo un bel po’ a convincere la squadra; probabilmente si sarebbero sbrigati prima se fosse andato anche lui con l’amico, ma oramai quel che era fatto non poteva essere cambiato. Si ricordò che quando attaccarono la base nella loro dimensione, esisteva all’interno di quella struttura un “tallone d’Achille” costituito da uno “scarico” per i materiali scartati nella preparazione di armi e pezzi di ricambio per corpi cibernetici: da lì si poteva entrare senza dare nell’occhio; magari avrebbe potuto rintracciare l’apparecchio che stavano cercando e portarsi un po’ avanti col lavoro. Fu esattamente ciò che fece.
In poco tempo Jet fu dentro. Evitare un paio di guardie non fu complicato in quel corridoio pieno di anfratti in cui nascondersi; inoltre quell’area era decisamente poco sorvegliata. Il grosso delle forze doveva essersi concentrato a guardia del nuovo macchinario. Mentre Jet faceva queste considerazioni, una sentinella robotica apparve da una stanza a sinistra; il cyborg fu rapidissimo nello sgusciare in un’altra stanza, ma avvertì improvvisamente una presenza dietro di se; si voltò di scatto e abbassò l’arma quando con sollievo vide un volto familiare.
- Bretagna, quando diavolo sei arrivato qui?? – guardò negli occhi il suo amico e, in quell’ attimo, realizzò che non poteva essere giunto lì in così poco tempo e che l’alter ego di 007 non era nella loro squadra, dunque…
Il tempo di ricostruire la realtà delle cose gli fu fatale: il raggio del paralyser gli fece perdere conoscenza all’istante.

- Che cosa??? – urlò Joe ascoltando la rivelazione di Olivia – Stai dicendo che, nell’altra dimensione, Bretagna non è passato dalla nostra parte ma è rimasto con i “Black Ghost”?!? –
- Tecnicamente non è esatto: lui deve essere stato catturato dopo la vostra fuga, quindi non ha fatto in tempo a conoscervi di persona.
- Ma allora quali sono i poteri del suo alter ego? –

- Gli stessi; l’unico cambiamento è “il prefisso”: dall’altra parte credo che lui sia 009. Considerate che, dalla mia parte, il dottor Gimore non vi ha seguiti ed ha continuato a lavorare per l’organizzazione; semplicemente, ha elaborato il “progetto” attuato sul vostro amico in un secondo tempo: un piccolo sfasamento temporale può cambiare tutto! – 
- Sicché il problema sarebbe solo “un piccolo sfasamento temporale”! – esclamò Albert indignato– si rende conto che 007 si troverebbe ad affrontare il suo alter ego?? –
- Certo che me ne rendo conto: è soprattutto per questa ragione, oltre che per quelle che già sapete, che ho voluto fosse lui ad andare: un mutaforma non è una cosa semplice da gestire, per chi non possiede i medesimi poteri e le stesse dinamiche mentali! Sono certa che per il vostro amico non sarà un problema sconfiggerlo! – 
- Parla così perché non conosce Bretagna – disse Chang preoccupato – quello è capace di battersi con se stesso e di perdere! – 
- 006 ha ragione! – incalzò Albert furibondo, e non solo per l’iniziativa che la donna aveva preso senza rivelare loro un particolare così importante, ma anche per il modo in cui aveva parlato: aveva indirettamente confessato di aver usato il loro amico per eliminare quella che, chiaramente, era una pericolosa calamità per il suo mondo e, al tempo stesso, aveva usato un termine – “mutaforma” – che sembrava classificare il cyborg più nella sfera delle stranezze che in quella umana – lei non capisce a cosa va incontro 007: sarebbe stato mille volte meglio inviare uno di noi!- 
- Ciò che non capisco è perché avete una fiducia così scarsa nelle capacità del vostro amico, comunque tengo a dirle che nella mia scelta non c’è stata alcuna premeditazione: sono arrivata qui senza sapere com’era il vostro mondo e per me è stata una sorpresa trovarmelo davanti insieme al professore; le decisioni che ho preso sono state il frutto di un calcolo veloce. Non potevo fare altrimenti: c’erano delle priorità!- 
- Non è mancanza di fiducia – aggiunse Joe, biasimando la freddezza di Olivia – è che il nostro amico conosce la pietà: non potrà non avere pietà di qualcuno che è rimasto con i Black Ghost perché non ha incontrato delle persone che lo hanno sostenuto. Ma “quell’altro”…sarà come lui?-

Era il momento di entrare in azione per la squadra “alternativa”, anche se l’idea di attaccare la base dei Black Ghost non era delle più allettanti. Tra tutti Hilda era la meno convinta: avrebbero barattato la loro collaborazione con l’aiuto di uno scienziato che potesse ripararli e dar loro un appoggio, ma quello “straniero” che veniva dall’ altra dimensione non la persuadeva affatto e non tanto perché lo riteneva un potenziale nemico, quanto piuttosto perché il suo modo di fare appariva totalmente inadeguato a un’operazione bellica! E proprio lui avrebbe dovuto guidarli all’interno del covo del nemico!
- Sono pronto a scommettere che il mio aiuto vi sarà indispensabile per penetrare nelle loro base!- ci tenne a sottolineare 007 , cogliendo le perplessità della ragazza (e non solo le sue).
- Ne dubito fortemente! – disse Hilda con tono sprezzante – abbiamo già tentato una volta, ed è stato un bene ritirarci prima di essere scoperti! –
- Ovvio! Mancavamo io e Al…mancavo io!-
- Naturalmente un presuntuoso in più sarà utilissimo alla squadra!- ribattè Jet a sostegno dell’amica. – Scommettiamo! Ma…seriamente! Scommettiamo qualcosa! – Bretagna ebbe una delle sue idee stravaganti e, conoscendo l’amico, colse subito quel lampo di interesse che si accendeva nello sguardo di Jet appena gli si proponeva una scommessa.
“Funziona proprio come il suo alter – ego!” pensò Bretagna ridacchiando tra sé e sé.
– E che vorresti scommettere? – disse Jet con il suo familiare sorriso spavaldo.
– Bè, se vinco voglio che tu e Hilda vi esibiate in un tango per me! –
- Ridicolo! – saltò su la ragazza – cosa sarebbe, il pegno che si pagava con gli amichetti alle scuole elementari? –
- Hai paura di perdere oppure hai paura di entrare in quel posto con me? –
- Né l’una né l’altra!-  
–Bene, allora perché non accetti la scommessa? –
- E va bene: è talmente ridicola e quello che dici è talmente assurdo che ci sto! Jet, posso decidere io? –
- Prego, Madame!-
- Se noi entreremo là dentro e tu, come immagino, resterai nelle retrovie, dovrai pulire tutta la casa incluse le camere e il giardino! –
- Cheee?!? Ma non ti sembra esagerato? Dalle mie parti nei turni di pulizia le camere non sono certo incluse: ognuno si fa la sua, quando, come e se gli pare! –
- Anche da queste parti, ma una scommessa deve darti almeno un poco di gusto, sbaglio? O pensi di perdere?-
- Sono certo di vincere, comunque sappi che, se la fortuna dovesse essermi avversa, un inglese onora sempre le sue scommesse! –
- Allora affare fatto!- sorrise ironica Hilda. Jet sperò vivamente di perdere la scommessa e Bretagna si avviò con “le copie” dei suoi amici verso la base dei Black Ghost pensando con un poco di preoccupazione che sarebbe stato alquanto imbarazzante rimanere imprigionato in un’altra dimensione per fare… un turno di pulizie!
Finalmente il Dolphin arrivò sul posto e anche 007, come 002 poco prima, ricordava perfettamente quell’ingresso più vulnerabile; il gruppo entrò con troppa facilità. La cosa strana era che non v’era traccia di Jet e non rispondeva alle chiamate.
– Sarà già dentro a perlustrare e non può certo rispondere. – si disse 007 - Allora, ho vinto la scommessa? – fece a Hilda.
– E’ ancora un po’ presto, non ti pare?-
- Che donna incontentabile!-
Come era logico, quella non poteva essere una passeggiata: neanche dopo due minuti una quindicina di sentinelle artificiali fu addosso al piccolo gruppo; sbaragliarli appariva più una questione di tempo che di difficoltà; fu allora che Bretagna pensò di tirare fuori uno dei suoi assi nella manica e di vincere definitivamente quella scommessa: si tramutò in una grossa sfera metallica e in una manciata di secondi i loro assalitori erano ridotti a un cumulo di rottami!
– Allora? – chiese a “004” riprendendo il suo normale aspetto. Hilda non sapeva se essere più meravigliata o più arrabbiata all’ idea che uno sconosciuto l’avrebbe costretta a ballare un tango con Jet. Rispose senza voler dare soddisfazione al suo interlocutore:
- Certo come effetto è piuttosto comico e grossolano, non ti pare? –
- Uffa, pure le critiche stilistiche! – sbuffò 007 – Quello che conta è il risultato. Sei più pignola di Albert! – appena pronunciato quel nome, Bretagna si morse le labbra. “Accidenti, ci capito sempre!” si disse guardando gli occhi malinconici di Hilda e il breve lampo con cui gli altri lo fulminarono. La ragazza fece finta di niente e disse semplicemente:
- Dividiamoci: li confonderemo e avremo più probabilità di trovare la macchina! – così fecero.
007 se ne andò per conto suo, pensando che in quel modo almeno avrebbe evitato altre gaffe. Notò una porta sigillata dall’aspetto meno importante delle altre e pensò di tentare da quella parte; la sfondò e ciò che vide gli fece sgranare gli occhi: davanti a lui c’era Jet, immobilizzato contro la parete metallica con dei bracciali e delle cavigliere di acciaio; aveva un aspetto piuttosto malconcio, come se qualcuno lo avesse ripetutamente colpito. Alzò con fatica la testa e vide Bretagna davanti a sé.
– Che diavolo vuoi? – disse, sorprendendo l’amico.
– Scusa, non sapevo che ti stessi dilettando in una pratica sado-maso! E io che pensavo di venire a liberarti!-
- 007, sei tu? N…non sei 009? –
- Pare di no. Come fai a scambiarmi per Joe se non ho neanche preso le sue sembianze? Devono averti fatto qualcosa di proprio brutto, se farnetichi in questo modo! – disse Bretagna armeggiando con le dita trasformate in cacciavite sulle catene che legavano l’amico.
– T..tu non capisci…009…- in quel preciso istante si udì una raffica di colpi non troppo distante da lì.
- Questo è 004! – esclamò Jet – Riconoscerei la sua artiglieria tra mille bombe! –
- Ehm, sì…ma sarebbe più corretto dire “questa è 004”! –
Gli occhi di Jet si spalancarono come due cerchi. – Vuoi dire che Albert si è fatto trasformare in una donna?!?-
- No, voglio dire che Albert è Hilda! – Jet non riuscì nemmeno a commentare la cosa, perché i colpi cessarono in quell’istante seguiti da una specie di rantolo e da rumori di corpi che si dibattono. 007 interruppe il lavoro sulle catene di Jet per correre a vedere. – Torno subito, tu non ti muovere, mi raccomando! –
- 007, maledetto idiota!!! Finisci di slegarmi!!! –
- Non c’è tempo: credo che Hilda sia nei guai! -
Infatti era stata Hilda a sparare e sempre lei aveva emesso quel rantolo di soffocamento: Bretagna restò a dir poco terrorizzato quando vide che la causa dell’urlo della donna era il suo alter ego che la stava letteralmente stritolando con mille robuste corde generate dal suo stesso corpo. L’altro, nel vederlo apparire, allentò la presa per lo stupore, ma questa espressione durò meno di un secondo per essere rimpiazzata da un sorriso ironico e cattivo.
– Tu guarda – disse – questa sì che è una sorpresa! –
- Già. Una cattiva sorpresa! – ribattè 007, ricordando improvvisamente le parole di Olivia quando lo scelse per andare nella sua dimensione insieme a Jet: “occorre qualcuno che sappia “mimetizzarsi” con il nemico”;  che stupido che era stato, a non pensarci! Lei conosceva i suoi poteri, quindi lui doveva essere per forza un cyborg e il fatto che non fosse nella squadra…
- Come osi presentarti qui prendendo le mie sembianze? – era evidente che il se stesso alternativo credeva di trovarsi di fronte a un altro mutaforma, senza sospettarne la provenienza.
- Ti pare che, potendo scegliere, prenderei in prestito proprio una faccia come la nostra? –
- Ho capito . Un infiltrato dell’altra dimensione. Sei un altro 009, vero? – lo sguardo dell’altro si fece vagamente cupo. 007 si ricordò di quel curioso “spostamento di prefissi” al quale non riusciva ad abituarsi, e il fatto di essere 009 nell’altra dimensione non lo stupì più di tanto.
- Senti chi parla di “infiltrazioni”! – esclamò riprendendo la sua solita verve – Mi pare che siano stati i Black Ghost a cominciare e, a giudicare dalle apparenze, tu ne fai parte a pieno regime! A proposito: il fatto che le donne non si picchiano neanche con un fiore, non significa che, in alternativa, si possono strangolare!-
- Ti riferisci a questa qui? Non so se possa classificarsi come “donna”: in un arsenale ho visto meno armi! – disse con disprezzo lasciando cadere Hilda, ormai priva di conoscenza – Ad ogni modo le tue chiacchiere finiscono qui: non amo conversare con le mie vittime! –
- Ho smesso da un pezzo di essere vittima di me stesso! – rispose Bretagna scansando il violento colpo di frusta schioccato dall’avversario mentre trasformava le corde in enormi tentacoli, tentacoli che avrebbero facilmente stritolato 007, se questi non fosse diventato immediatamente una sfuggente biscia! Rapido come il fulmine, l’altro divenne un enorme rapace dagli artigli aguzzi e gli fu addosso ghermendolo con forza; faticosamente Bretagna prese la forma di un grosso coccodrillo e gli morse la zampa; l’avversario non fece neanche in tempo a sentire dolore, perché gli artigli si erano rapidamente tramutati in acciaio e ora il rapace di prima appariva come un enorme robot dall’aspetto di uccello! Bretagna trasformò le braccia in grosse pinze, riuscendo per un attimo a immobilizzarlo, ma l’alto era decisamente più forte e scivolò via facilmente, divenendo una scura pantera e lanciandosi alla gola del nemico. 007 aveva capito che doveva essere molto attento e molto più rapido di come era abituato a combattere normalmente: quell’avversario non solo lo conosceva meglio di chiunque altro, ma covava in sé una rabbia che lo rendeva tremendamente letale. Questa volta riuscì a sottrarsi al nuovo attacco diventando una minuscola cavalletta; dopo essersi lanciato dal lato opposto della stanza, si permise anche di prenderlo in giro: - Non sei molto fantasioso! Si può fare di meglio!-
- Hai ragione! – rispose l’altro riprendendo per un istante il suo vero aspetto – si può fare di meglio!- e detto questo scomparve, mimetizzandosi completamente con l’ambiente circostante. Bretagna capì che avrebbe fatto bene a tacere.
– Ehy! Così non vale! – esclamò riflettendo su quanto fosse in vantaggio il suo avversario: lui non sarebbe riuscito a utilizzare quel trucco indossando degli abiti! Mentre si guardava attorno cercando di cogliere il più piccolo spostamento d’aria, “009” gli fu con le mani intorno al collo, facendogli quasi perdere i sensi se non si fosse tramutato tempestivamente in un grosso albero.
– Bene. Ora ti stancherai di rimanere sulle difensive! – disse il suo nemico tornando allo scoperto e mutando gli arti in due grosse seghe elettriche.
Intuendo che quella storia poteva andare avanti all’infinito, Bretagna riprese il suo aspetto e cercò di risolverla in due modi: con la dialettica e con il paralyser; il secondo non servì a molto: il movimento rotatorio di quegli arti di acciaio allontanava qualsiasi colpo e, se non c’era riuscita 004, non poteva certo riuscirci lui! Il metodo della dialettica poteva rivelarsi anche più pericoloso: 007 si conosceva abbastanza da sapere quanto i suoi discorsi riuscissero più a far arrabbiare gli altri che a calmare qualcuno!
– Penso che un atteggiamento del genere non sia il migliore per tenersi gli amici! – disse cercando di schivare i colpi e sperando di avere un’idea per prendere tempo.
– Non mi servono amici: mi serve vederti spaccato in mille pezzi! –
- Lo immaginavo: sei finito solo come un cane! –
- Siamo tutti soli: anche tu sei rimasto solo. Tutti quelli che pensavi fossero tuoi amici ti hanno abbandonato, non è così? Altrimenti adesso non saresti un cyborg! Io non sono un patetico insetto come te: con il mio potere posso ottenere ciò che voglio. Gli altri mi temono perché sanno che posso distruggerli: eccolo, il senso dell’amicizia! -  davanti a questo discorso Bretagna ebbe una fitta al cuore, ma, colto sul vivo, rispose immediatamente.
- Smettila di dare la colpa al mondo: chissà quante volte i tuoi amici hanno provato ad aiutarti e tu non ti sei neanche accorto di loro!-
- Nessuno aiuta nessuno!-
- Non è vero! Sai che non è vero! Sai di aver fatto dei grossi errori e non si può migliorare se non si accettano i propri errori! –
- Per carità! Adesso anche la predica! Se cerchi di innervosirmi, sappi che hai già raggiunto il limite! –
- Non potrai mai stare bene se non lasci i Black Ghost e non ridiventi umano! –
- Forse non te ne sei accorto, ma non siamo umani da un pezzo e non lo saremo mai più! –
- Non è qualche litro di sangue e un po’ di carne a rendere una persona umana! –
- Oh, sì, è vero! Sono i nobili sentimenti e l’amore, non è così? Se ci ragioni su, capiresti che si sta meglio senza!-
- Si sta meglio senza essere felici? – questa volta Bretagna  aveva segnato un punto, ne era certo, così rincarò la dose - Potresti essere felice. –
- Perché, tu sei felice?- chiese l’alter ego con un tono arrogante. La domanda arrivò diretta come un pugno, ma la risposta ebbe solo pochi istanti di esitazione.
- Si. Come può esserlo una persona qualunque. Con alti e bassi, con problemi, con desideri da realizzare ma, sì, sono felice. Ho degli amici per cui rischiare la vita, che farebbero altrettanto per me e mi fanno da famiglia; ho ricominciato il mio lavoro e sono utile a qualcuno. Va bene così. Tu, invece, con quello che chiami “potere” vivi con persone che ti sfruttano e sei solo! – Geronimo aveva detto una volta che conoscere bene se stessi, anche se poteva essere spaventoso, era una forma di forza. In quel momento quelle parole parvero concretizzarsi; per un breve attimo si aprì una breccia nel cuore di quell’essere in cui 007 faticava a riconoscersi, ma durò un attimo. A quella consapevolezza seguì una reazione di rabbia; la nuova trasformazione fu di nuovo quella di mille tentacoli e questa volta avrebbero sopraffatto la loro vittima se non fosse intervenuto Joe con un violento colpo alle spalle del nemico. Bretagna rotolò dalla parte opposta e Joe puntò l’arma contro quel 009 che non era lui, deciso a sferrare il colpo di grazia. Avrebbe ucciso, se Bretagna stesso non si fosse frapposto tra lui e il suo alter ego.
- Aspetta, non farlo! –
- Che diavolo dici?! –
- Sono sicuro che può cambiare! –
- Certo, magari dopo averci uccisi! –
- Non lo farà…adesso sa che esistono altre possibilità. Sono certo che non potrà non valutarle! –
- Può essere, ma io devo difendere i miei amici come posso e non faccio l’assistente sociale! Togliti di mezzo! –
- Joe…Joe che vive con me dall’altra parte…avrebbe fatto quello che sto facendo! – effettivamente anche una parte di quell’alter ego avrebbe risparmiato l’avversario, ma c’era una determinazione a difendere il gruppo e un senso di responsabilità in quel ragazzo che lo accomunavano di più ad Albert. L’altro Bretagna colse l’attimo e si dileguò confondendosi con la parete.
- Hai visto? Ora è scomparso! Perché lo hai fatto? –
- Perché immagino che un giorno verrà da voi a chiedervi di entrare nella vostra squadra! –
- Se farà una cosa del genere -  disse l’alter ego di Jet, che seguiva Joe insieme all’altro Jet, da lui stesso liberato – metto un saio e mi faccio frate! Comunque devo dire che a un certo punto mi stavo quasi divertendo: sembrava il combattimento tra mago Merlino e maga Magoo del film della Disney!-
L’altro 002, invece, fissava Bretagna con un’espressione stranissima, che l’amico colse subito.
- Perché mi guardi come se ti avessi fatto qualcosa? –
- Incredibile!- esclamò Jet con disappunto - Mi sono fatto stendere da te! –
- Bè, “tecnicamente” non ero io! Da te, poi, le ho sempre prese! – Bretagna si sgranchì le braccia indolenzite dalla lotta e poi si rivolse a Joe.
- Comunque, grazie. Spiegami una cosa: come hai fatto a capire che lui non ero io?-
- Dallo sguardo: i vostri sono completamente diversi. E da ciò che hai detto. Comunque l’altro non si sarebbe certo preoccupato di salvare la vita al suo alter-ego!-
Mentre Joe parlava, Chang mandò una comunicazione sulla trasmittente: la macchina per attraversare le dimensioni era distrutta, insieme a metà della fortezza dei Blak Ghost; nel messaggio chiedeva di precederli al Dolphin per preparare la fuga. Dopo una manciata di minuti Joe, Bretagna, Hilda e i due Jet erano a bordo ad attendere il resto della squadra. I primi due erano entrati ai posti di guida, mentre Hilda era rimasta fuori a guardare il fumo che si sprigionava dalla base nemica. Quando distolse lo sguardo, lo posò su Jet e…Jet e ne ebbe una sensazione stranissima. I due colsero la sua espressione indecifrabile e la ragazza si voltò, leggermente in imbarazzo.
– Scusate – disse – ma mi fa uno strano effetto avere vicino due copie di…voi stessi! –
- Io non sono certo una copia! – risposero praticamente a unisono.
– Ok, ok, siete entrambi pezzi unici!- disse allontanandosi dentro al Dolphin.
– Hey, fa come la mammina col bambino? – disse Jet, che non la conosceva.
– Si, è sempre così: pensa di essere la donna matura della situazione! – Ci fu un istante di silenzio. Poi l’alter ego di 002 fece una domanda, continuando a fissare il cielo in lontananza, come se non gli importasse più di tanto del discorso che stava iniziando.
– Dì un po’…ma com’è il suo fidanzato? –
- Perché lo chiedi a me e non a Bretagna? – rispose Jet un po’ seccato.
– Che domanda idiota: perché adesso qui ci sei tu! –
- Che risposta idiota: la verità è che vuoi sapere di lui da me per cercare di confrontartici! –
- E allora? Che male c’è? – Effettivamente…non c’era niente di male…dunque  perché questa cosa lo infastidiva tanto? Perché si sentiva quasi un traditore?
- Albert…è, insieme a Joe, uno dei miei più cari amici… siamo molto diversi ma anche…molto simili. E’ uno che, anche se non lo da a vedere, si butterebbe nel fuoco per le persone a cui tiene. E’ normale che Hilda non se lo tolga dalla testa…- pronunciò quelle parole provando sensazioni contraddittorie e irritanti: da un lato cercava di allontanare “se stesso” da quella che aveva sempre considerato la donna del suo amico, sentendo quasi di “purificare” la sua coscienza nei riguardi di Albert…dall’altra si immedesimò  nel suo alter ego al punto da provarne quasi un senso di dolore: il dolore che aveva provato più volte sulla sua pelle rinunciando alla donna amata per lasciare spazio a un suo amico: questo era accaduto  prima con Francoise e poi con Nathalie, anche se, con la prima, non aveva mai ritenuto di avere troppe speranze….
L’arrivo del resto della squadra tolse Jet da quella imbarazzante situazione.
Quando tutti furono a bordo, Pumna diede una pacca amichevole a Bretagna.
– Grazie per aver aiutato Francoise contro quei robot: se non fossi arrivato tu avrebbero avuto la meglio: le mie capacità, ultimamente, sono alquanto ridotte! - 
- Prego, ma io non ho mai… Jet, prepara il saio! –
- Vuoi dire che non hai salvato tu Francoise? –
- Ehm…purtroppo no! –
- Ma se è stato quell’altro…perché lo ha fatto? –
- Uffaa, ve l’ho detto: sono sicuro che questo incontro gli ha aperto nuovi punti di vista, se non è del tutto idiota! E poi come si fa a non salvare la vita a una ragazza così incantevole! –Francoise arrossì visibilmente.
– Si vede che io non ero poi così incantevole! - osservò Hilda ironica.
– Bè, una che ti riversa addosso un arsenale perde un po’ della tipica dolcezza femminile che rende appetibile una donna! – i due Jet gli lanciarono un’occhiataccia e Hilda lo guardò in silenzio prima di…scoppiare a ridere! Intanto il poveretto era diventato il bersaglio dei due 002, che cercavano di prenderlo per picchiarlo sotto gli occhi esterefatti del gruppo.
– Vuoi insinuare che Hilda non è “appetibile”?!? Non capisci niente!! –
- Ci stai provando con Francoise, razza di idiota?? Non vorrai approfittarne solo perché qui non sta con Joe!! –
- Bè, magari gli piaccio e si mette con 009! –
- Non dire idiozie! La coppia più brutta del mondo!!-
– Vuoi dire che Francoise è brutta? –
- No, tu sei brutto! E sei anche scemo se non te ne rendi conto da solo!!! –
- Un momento! Un momento! Diamoci una calmata! –
- Aspettate! – disse Hilda, mentre Bretagna si nascondeva dietro di lei – ho bisogno di parlargli due minuti da sola! – i due Jet si fermarono e si guardarono interdetti.
Il Dolphin aveva fatto ritorno e la ragazza portò il suo ospite sul retro della grande casa che occupavano, dal lato del mare. Lì si sedette sulla radura erbosa e invitò 007 a fare altrettanto.
– Per favore – disse con un tono dolce e malinconico al tempo stesso, un tono che non aveva mai usato prima – vorrei che mi parlassi di Albert. –
Bretagna si aspettava qualcosa del genere e tirò un lungo sospiro – Perché lo chiedi a me e non a Jet? – disse in modo analogo a quanto fatto dal suo amico poco prima con l’altro Jet.
– Perché, se il “tuo” Jet somiglia al “mio”, non si sbilancerà più di tanto a parlarne. E poi…- non continuò la frase, ma era palese che, considerando lo strano rapporto che aveva col “suo” Jet, fosse imbarazzata a parlare di Albert con l’altro.  
– Uhm…- G.B. stette un attimo in silenzio, cercando di trovare le parole giuste…questa volta non voleva assolutamente fare gaffe – Albert sembra una persona fredda, distaccata e scorbutica, anche cinica…-Hilda sussultò un istante, non riconoscendo in quelle parole l’immagine del suo uomo, ma piuttosto l’immagine di ciò che lei stessa era diventata! Non disse nulla e continuò ad ascoltare. - …ma è solo un paravento, una parvenza costruita per difendere qualcosa che altrimenti sarebbe troppo fragile e vulnerabile…D’altro canto ognuno di noi si difende come può: Jet dà fuoco al mondo, Joe si chiude a riccio, io faccio il buffone, e così via…Se stai male, lui è il primo ad accorgersene. E’ una bella persona…-
– Parla di me, ogni tanto? –
- A dire il vero…no. Ma ogni volta che è solo, che pensa di non essere visto da nessuno, è lì a guardare una vecchia foto di voi due insieme, o a rigirarsi tra le mani un anello che porta sempre con sé appeso a una catenella intorno al collo. –
- Come questo? – disse la ragazza, sfilando una catenina dalla maglia.
- Si. Gli manchi molto, anche se vuole fingere di essere un pezzo di ghiaccio. –
- Manca anche a me… – Gli occhi della ragazza si fecero lucidi mentre fissava l’anello lucente che Albert non avrebbe più indossato.
– Tu ed io non ci rivedremo mai più, vero? – chiese poi a Bretagna.
– E’ piuttosto probabile, ma infondo, chi può dirlo! Perché?-
– Perché… non potrei mai farmi vedere così da qualcuno che vive al mio fianco…- Hilda lo abbracciò e scoppiò in un lungo pianto liberatorio. Bretagna non sapeva bene come comportarsi, per cui fece ciò che avrebbe fatto con Francoise: assecondò quell’abbraccio per tutto il tempo necessario alla ragazza a sfogare il dolore represso. Fu lei, infine, a risollevarsi, sorridendo imbarazzata:
– Questo Albert non l’avrebbe mai fatto, vero? –
- No, penso di no, e comunque non certo con me!...Anche se ogni tanto gli farebbe bene! – Hilda cercava di sorridere; si era quasi pentita dello sfogo e non sapeva che espressione assumere. Fu allora che a G.B. venne un flash:
- Un momento, non c’era qualcuno che doveva pagare una scommessa?-
- Stai dicendo sul serio?? – fece la ragazza, che sperava la questione fosse dimenticata.
– Bè, dalle mie parti le scommesse si pagano! Se ti prepari in fretta ce la dovremmo fare prima dell’apertura del varco dimensionale! –
- Come sarebbe? In che senso dovrei “prepararmi”?! –
- Non vorrai mica ballare un tango con quell’uniforme, spero! Se chiedi aiuto a Francoise, sono certo che te lo darà immediatamente! –
- Uffa, questa è la cosa più stupida che abbia mai fatto! – disse riprendendo il suo solito tono serio mentre si allontanava in fretta.
– Ci vediamo tra dieci minuti nell’”hangar” del Dolphin! – le gridò dietro 007 divertito.
– Cos’è questa storia della scommessa? – disse Jet appena 007 fu sulla soglia di casa, tirandolo da parte per non farsi sentire dagli altri  - Sei impazzito?!? Non starai mica cercando di buttarmi la donna di 004 tra le braccia?? – 
- Qui Hilda non è la sua donna: è sola e ha bisogno di qualcuno che la ami, esattamente come ne avrebbe bisogno Albert se fosse più disponibile ad aprire il suo cuore e più fortunato!-
- Sarebbe la prima volta che non mi tiro indietro per lasciar passare un amico!-
- Non ti sentirai mica in colpa con Albert perché qui ami Hilda?! Ricordati che l’Albert di questa dimensione è morto, né potrebbe mai essere rimpiazzato dal nostro!! –
- So che è stupido, ma devo ammettere che è così…mi sento in colpa, va bene?!-
- Andiamo, tu non ruberesti mai la donna a un amico. La donna del nostro Albert non c’è più e per quante Hilda ci siano in tutte le dimensioni esistenti, nessuna sarà mai quella. Anche in infinite varianti, siamo sempre, purtroppo o per fortuna, pezzi unici! – Jet si sentì un poco sollevato, ma si pose un dubbio:
- E che diciamo a 004 quando torniamo?-
- Cosa vorresti dirgli?  Che in un altro tempo e in un altro spazio la sua donna è ancora viva ma che lui non potrà mai averla?-
- Già. – approvò Jet -  E soprattutto che se la intende col suo migliore  amico e che tu hai fatto del tuo peggio per favorirli? Io eviterei!-
- Hai perfettamente ragione, soprattutto sull’ultima parte! Meglio non dirgli nulla. Sarà il nostro segreto!-
- Cerca tu, piuttosto, di stare attento a non farti scappare niente: dici sempre una parola di troppo!-
In quel momento Francoise si affacciò sulle scale con un’espressione alquanto divertita.
– Bretagna, andiamo giù ad aspettare i due ballerini: ho preparato tutto! –
- Brava, chérì! Sei fantastica in tutte le dimensioni! Jet, vieni anche tu? –
- Non esiste proprio! Meno guardo, meglio è! –
Il Dolphin se ne stava silenzioso nella penombra, cullato dallo sciabordio dell’acqua sullo scafo. Bretagna e Francoise aspettavano appoggiati ad uno dei muretti utilizzati per deporre gli attrezzi in compagnia di un grosso stereo procurato dalla ragazza. Dopo una manciata di minuti, Hilda e Jet fecero il loro ingresso dalla scaletta metallica che conduceva all’hangar. Con i tacchi alti e l’abito bianco che le lasciva interamente scoperta la schiena, la ragazza appariva incredibilmente bella e slanciata; due lunghi guanti celavano totalmente le mani artificiali; Jet aveva il suo solito jeans e una elegante camicia bianca. Appena furono dentro, partì “libertango”, nella versione di Grace Jones. Hilda era piuttosto disorientata da quella situazione, ma vi si buttò completamente, cercando di mostrare contemporaneamente bravura e distacco; il suo partner, al contrario, era totalmente a suo agio: vibrava in lui una fiamma ardente che finì lentamente col coinvolgere la ragazza.
“Il tango è un pensiero triste che balla”: entrambi i ragazzi sentivano, per ragioni diverse, la concretezza di quella definizione. Hilda avvertiva con forza il calore che la avvolgeva e avvertiva la potenza del desiderio di nuove carezze, ma anche il dolore del vuoto lasciato dalla persona che un tempo le era accanto: Jet aveva la stessa presa sicura di Albert; nel suo cuore c’erano gli stessi sentimenti, che, in quell’abbraccio, erano quasi tangibili. E quel ballo era una tortura: lei desiderava Albert, ma anche Jet! Il ragazzo riusciva a leggere tutte quelle emozioni quasi come se qualcuno gliele stesse raccontando e non poteva fare altro che soffrire al pensiero di non poter mai prendere il posto di quel fantasma sconosciuto, di quel fantasma che, altrove, poteva essere il suo migliore amico; avrebbe, per un istante, voluto liberare Hilda da quella tempesta di sentimenti, staccarla da sé, allontanarla, ma poi una fitta al cuore gli impose di non farlo, di cacciare invece lui, “il fantasma”; la strinse più forte che poté e, per un istante, la “sentì”: sua, con gli occhi nei suoi, senza barriere, senza ricordi, senza nostalgie, con le labbra a due centimetri dalle sue…
La musica finì. Restarono una frazione di secondo così, sospesi, prima che l’applauso dei due amici li riportasse alla realtà. Hilda si ricompose e, con un tono quasi seccato, si rivolse a 007 prima di uscire:
- Scommessa pagata. – Jet la seguì in silenzio, voltandosi verso Bretagna, accompagnando il saluto con un sorriso complice. Rimasta sola con l’amico, Francoise sospirò incredula e soddisfatta.
– Sai, non pensavo che l’avrebbero fatto. Questo, per loro, è un passo da gigante! –
- Lo spero proprio! –
- Come ti sei accorto che si piacevano? –
- Bè, conosco Jet. E poi è tanto evidente! –
- Poverini, però: deve essere stata una vera tortura, per loro! Sei spietato!-
- Considera che ci sono persone che esprimono i loro sentimenti solo sotto tortura!-
- Adesso che facciamo? – chiese la ragazza ridendo.
- Manca ancora un poco all’ apertura del varco dimensionale e qui c’è ancora la musica…Io direi: balliamo! –
- Mmm…perché no? –
- Sai che è buffo? Nella mia dimensione non ho mai ballato un tango con te! –
- Se ritorni, devi farmelo ballare con Joe! –
- Nooo, che delusione! Ti piace anche in questa dimensione! –
- Un po’…ma penso che sia abbastanza irraggiungibile! Come ho fatto a conquistarlo, dall’altra parte?- - C’è poco da dire: facendo esattamente… te stessa! E poi…-
- Poi? –
- Poi… tesoro, – disse parlando in falsetto - come faccio a rivelarti certe nostre confidenze femminili!! – i due risero insieme e continuarono a ballare nella penombra dell’hangar.

Intanto, nell’altra dimensione, l’atmosfera era alquanto cupa: non potendo sprecare quell’occasione, si era parlato a lungo con la Dunham dei Black Ghost e si erano scambiate diverse informazioni, che avrebbero potuto rivelarsi utili o infondate a seconda dei risvolti che il destino aveva riservato agli abitanti di entrambe le dimensioni; l’alter ego di Gilmore era stato chiuso in una stanza sotto sorveglianza, per sottrarre la sua odiosa presenza allo sguardo del dottore e, soprattutto, per impedire che ascoltasse i loro discorsi; tuttavia le affermazioni fatte in precedenza dalla donna le avevano fatto guadagnare la disistima dei suoi ospiti, raffreddando parecchio il clima e creando tensioni in più sul destino di 002 e 007. Il gelo si sciolse solo quando un lampo di energia attraversò nuovamente l’aria come la prima volta e, in mezzo alla stanza, si ri-materializzarono i due cyborg.
Tutti tirarono un respiro di sollievo e, a questo punto, Olivia stabilì che era giunto il momento di congedarsi.
– Il mio passaggio extra dimensionale si aprirà tra pochi minuti nel bosco adiacente la strada che conduce qui, quindi è il caso che mi dia una mossa…-
- Prima di andare, vorrei che mi togliessi una curiosità. – disse Joe – Tu dai l’impressione, macchina a parte, di controllare in qualche modo questi passaggi: è così, vero?-
- Si, in qualche modo è così… - la donna fece una piccola pausa, poi continuò; quello che disse lasciò i cyborg completamente meravigliati.
- …posso manipolare il varco perché anch’io, pur non essendo un cyborg, sono stata oggetto di esperimenti quando ero bambina: non è stato divertente, ma, almeno, le mie capacità si sono rivelate utili in più di qualche circostanza! – la cosa che fece a tutti maggiore effetto fu sia il fatto che fino a quel momento Oliva non avesse proferito parola sull’argomento, pur sapendo che avrebbe potuto “sfruttarlo” per entrare in empatia con i suoi occasionali collaboratori, sia il modo con cui fece quella rivelazione: senza mai levarsi dalle labbra il suo sorriso sicuro.
– Anche tu…nelle mani dei Black Ghost? – chiese Pumna.
– Non esattamente: all’inizio erano degli scienziati che operavano in modo autonomo, Bishop e altri…-
- Come sarebbe?! – fece Chang – quel Bishop con cui collabori?-
- E allora? Vi stupite proprio voi che collaborate con il dottor Gilmore?- disse Olivia quasi ridendo, avviandosi con il suo prigioniero verso la strada. Albert si mosse dietro di lei.
– Preferisco scortarli finché non saranno spariti – disse a Joe – non si sa mai! –
- Già. – rispose semplicemente 009, guardandolo con un’espressione dubbiosa; gli altri non si accorsero nemmeno del suo allontanamento poiché erano troppo presi dal raccontarsi le rispettive esperienze di quella giornata.
Olivia sorrise al suo compagno inaspettato:
- Diffidente fino alla fine, vero mr. Heinrich? – Albert si limitò a fissare i raggi del tramonto attraverso i rami del bosco, poi rispose.
– Non è del tutto esatto. Io…vorrei chiederle un favore. – Per la prima volta il viso di Olivia Dunham fu attraversato da un’espressione di sincero stupore.

In un altro tempo e in un altro spazio il sole calava allo stesso modo, ma, a scaldarsi sotto i suoi ultimi raggi, c’era Hilda, con ancora addosso gli abiti di quello strano ballo; aveva sfilato solo un guanto e ora, seduta nell’erba, fissava quasi in trance la sua mano diventata un’arma letale. Alle sue spalle apparve Jet.
– Sei bellissima lo stesso. – disse.
– Mi prendi in giro? – fece lei malinconica.
– Sai che non potrei mai farlo. – rispose sedendosi accanto a lei e spostandole un ciuffo di capelli con sue lunghe dita. Lei restò un attimo a fissarlo, piena di desiderio, ma poi spostò il capo dall’altra parte.
– Oggi…non capisco che mi prende. Io…-
- Potrei spiegartelo, se tu non negassi l’evidenza andando su tutte le furie! – disse il ragazzo, serio e ironico al tempo stesso. Hilda rispose seria e, inaspettatamente, per niente arrabbiata:
– Si. In realtà so benissimo quello che succede, non sono più una liceale! Solo che…Noi, questa vita, il mio passato…per me è tutto confuso. Io mi sento ancora in parte legata a un altro e…so che prima o poi i ricordi si faranno soffusi e lontani e, forse, faranno meno male, ma…adesso è ancora presto.- - Lo immaginavo… –
- …e tu non sei certo una persona paziente! – sorrise lei, con un’espressione sorprendentemente triste.
– Sbagli. Io ti aspetterò. Mettici tutto il tempo che vuoi. Io resterò qui…comunque! – le diede un bacio sulle labbra, piccolo, veloce come un soffio di vento, diverso da quelli che era abituato a dare e che avrebbe voluto darle; si alzò e si allontanò, lasciandola stregata e confusa.
Dietro gli alberi, Albert Heinrich si sentì ciò che avrebbe dovuto realmente essere: un fantasma. Aveva assistito alla scena, provando malinconia e invidia per il suo amico, ma anche ringraziandolo mentalmente per essere lì, per averlo involontariamente trattenuto dalla tentazione di palesarsi a Hilda e di stringerla a sé e, da ultimo, per esserle vicino. Non avrebbe mai augurato alla donna amata di diventare come lui e ora, vedendola in quel modo, al posto suo, pensò che, in fondo, ognuno di noi vive davvero nel migliore dei mondi possibile. In un mondo ideale sarebbero vissuti o sarebbero morti insieme ma, a quanto pare, l’ideale non esiste. Un sorriso amaro e ironico si allungò sul suo viso mentre “benediceva” da lontano l’alter ego di Jet chiedendogli di non “mollare” con lei. Augurò a Hilda tutta la felicità che lui non aveva.
Il tocco di Olivia sulle spalle lo riscosse dai suoi pensieri. La donna aveva un’espressione enormemente tesa: aveva violato tutte le regole, permettendogli di stare lì, e neanche lei sapeva perché aveva accettato l’assurda richiesta di mostrargli Hilda “solo per un minuto”, solo per “poterla vedere viva ancora una volta”.
- E’ ora di andare…- fece quasi impaurita: temeva che il suo apparentemente glaciale “ospite” potesse avere un colpo di testa e rimangiarsi la parola data…stava decisamente correndo un grosso rischio, soprattutto conoscendo quanto potesse essere letale 004…Fortunatamente per lei, Albert non la deluse. La salutò con gratitudine e, prima di sparire nel varco dimensionale, le disse:
- Un poco la invidio, sa? –
- Per cosa? – fece lei, con il suo solito sorriso.
– Per la sua capacità di fidarsi di uno come me. – disse lui scomparendo, lasciando nella donna una sensazione stupefacente di leggerezza.
Rientrando in casa, Albert percepì un grande sollievo nel rivedere i suoi amici che aveva lasciato solo per una manciata di minuti. Stavano chiacchierando animatamente di quella storia e sorrise nell’ascoltare i loro discorsi.
-Vuoi dire che dall’altra parte io sono malvagio? Non è possibile!! Non lo accetto!! – esclamava Chang allarmatissimo dalla rivelazione improvvisa di Bretagna!
– Ebbene sì, vecchio mio: un concentrato di pura malvagità! – Chang era così scioccato da quella notizia che neanche si rendeva conto del tono canzonatorio di Bretagna e delle risatine di Jet e degli altri!
– Come farò? Come si ripercuoterà questa cosa sul mio karma? -
- Veramente sul tuo karma dovrebbero ripercuotersi di più gli ultimi ravioli che hai fritto! E comunque scherzavo: il cattivo ero solo io! –
- Non mi stupisce, se fai questi scherzi di cattivo gusto!! –
- Non riesco proprio a immaginarti nel ruolo di cattivo! – sorrise Geronimo – Com’eri? –
- Adorabile, nella mia bastardaggine: stavo quasi per ammazzarmi! -
- Ma è vero che l’altro Chang non cucinava? – chiese Pumna fra le risate.
– Verissimo, beati loro! –
- Bhé, sicuramente mi sarò reso utile in altro modo, a differenza di qualcun altro!! – il cinese era davvero molto arrabbiato e, più si stizziva, più gli altri si divertivano.
– Effettivamente il nostro giardino era piuttosto curato, adesso che ci penso…-
- Visto? – fece Chang con soddisfazione.
– Così mentre io rischiavo la vita, tu contemplavi il nostro giardino?! – esclamò Jet.
– A dire il vero sei stato tu a correre a braccia aperte incontro ai guai: ti ricordo che saresti dovuto venire con me! – puntualizzò Bretagna.
– Io, invece, com’ero?- intervenne Joe: si domandava come potesse essere un se stesso che non degnava Francoise di uno sguardo preferendo un tipo come Olivia Dunham.
– Più sicuro di te e con meno seghe mentali! – rispose Jet mandando giù una tazza di caffè.
- Francamente sono contento di non essermi conosciuto: sono certo che non mi sarei piaciuto!- sorrise Joe dalla sua sedia.
- Tu non ti piaci neanche qui, figurati altrove! – disse Jet, canzonandolo.
- E tu? Ti sei piaciuto? – chiese Joe un tantino provocatorio.
- Uff! A dire il vero…non saprei spiegarlo: certe volte mi trovavo fantastico, altre mi sarei preso a pugni!-
- Favoloso! Ti sei visto esattamente come ti vediamo noi!! – ridacchiò Bretagna.
- E io com’ero? – domandò Albert in tono sarcastico -  Meglio o peggio? –
- Ehm…- dissero contemporaneamente Jet e Bretagna, restando un attimo paralizzati.
- Meglio! –
- Peggio!-
- Cioè…lui voleva dire…-
- Si, io…-
- Nascondete qualcosa? – chiese 004, provocando gli amici.
- Ecco, dell’altra parte tu…- farfugliò 007, cercando di pescare nei meandri del suo repertorio teatrale una storia plausibile.
- Non dirglielo, idiota!! -  
- Tu…avevi una relazione con 002!! –
- Che diavolo stai blaterando??!!???- ringhiò Jet mentre Albert li guardava in cagnesco e tutti li fissavano con gli occhi sbarrati.
- No, ehm, in effetti… tu… non esattamente…Ma, in fondo, che male c’è?-
- Taci!!! – esclamò Jet dandogli un colpo sulla testa con un giornale arrotolato - Ci avvaliamo della facoltà di non rispondere! Vieni! – detto questo trascinò verso il giardino l’amico che si massaggiava la testa dolorante.
– S..si, facciamo due passi a prendere un po’ d’aria, che nell’altra dimensione ce n’era poca! Ahia! Accidenti a te! Però, bella la risposta in “avvocatese”!-
- Quando ti arrestano più volte qualcosa la impari! Sei un idiota, stavi per dire tutto!! –
- Io?! Tu, piuttosto, che ti metti a strillare “non dirglielo”!! –
- Ma sentilo!...- si allontanarono continuando a discutere sotto gli sguardi perplessi di tutti.
- Non sono strani, quei due? – disse Francoise rivolta agli amici.
- Mha! – fece Pumna -  Sarebbero strani se non lo fossero!-
Albert si appoggiò allo stipite della porta guardandoli con un sorriso. Joe gli si avvicinò, uscendo fuori con lui. La serata si preannunciava fresca e il mare portava il suo profumo in mezzo agli alberi.
- Perché non glielo dici, che Olivia ti aveva detto tutto di Hilda? –
- Perché mai? E’ uno spasso vedere come si danno da fare per non ferire la mia sensibilità! Mi attribuiscono molti più sentimenti di quelli che posso realmente provare! – disse questa frase ridacchiando ironico e Joe sorrise, scuotendo la testa: non vide il sorriso triste di Albert perché lui gli aveva già voltato le spalle avviandosi nuovamente verso casa.
“Grazie comunque, amici miei!” disse 004 tra sé e sé, mentre il cielo stellato calava il sipario su quella giornata assurda.

 

© 22/06/ 2015

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